La crescita di Alessio Rovera: Il fascino del rosso Ferrari.
- asdlivingkc
- 13 mar
- Tempo di lettura: 5 min
"Il mio segreto? Mi diverto”
Dopo un gran 2024, il pilota classe '95 ha iniziato la quinta stagione insieme al Cavallino Rampante.
Dai kart in Via Mecenate ai più prestigiosi circuiti del mondo è sempre rimasto quel "bravo ragazzo" pronto a dare tutto al volante

Alla vigilia di quella che si prospetta essere un’adrenalinica stagione di Formula1 (con un Cavallino Rampante particolarmente ambizioso che presenterà al via l’accoppiata da sogno Lewis Hamilton e Charles Leclerc), è bene ricordare che in casa Ferrari sventola con orgoglio una bandiera varesina. È quella di Alessio Rovera, pilota ufficiale della scuderia di Maranello, che è ormai diventato un veterano della categoria GT. Palmares che parla da sé quello del driver classe ’95, impreziosito dal doppio trionfo dello scorso anno nel GT World Challenge Europe Endurance Cup e nell’European Le Mans Series (classe LMP2 Pro/Am). E le ambizioni per il 2025 sono altrettanto ambiziose.
Alessio è da sempre un grande amico di Varese Sport e la scorsa settimana, in una delle rare pause di un calendario super affollato, è passato a trovarci in Redazione insieme al suo primo mentore Maurizio Jeropoli. Visita più che gradita, occasione sia per un grande abbraccio collettivo sia per la nostra immancabile intervista a 360° tra passato, presente e futuro.
“Arrivo da un 2024 positivo – ci racconta con un sorriso Rovera – che era però iniziato con il freno a mano tirato. A inizio stagione abbiamo avuto una discreta sfortuna in tutte le competizioni (sorride, ndr): nel WEC ci sono state anche troppe penalità, mentre nell’ELMS siamo partiti bene con la vittoria di Barcellona e fin dal principio abbiamo dimostrato di avere le carte in regola per far qualcosa di importante. Siamo stati bravi a restare a galla nel GT World Challenge per poi chiudere in crescendo con il trionfo di Jedda”.
Hai vinto anche il “Goodyear – Wingfoot Award” per esser stato il pilota più veloce della classe LMGT3.“È sempre bello ricevere un premio individuale e rappresenta per me un’importante gratificazione personale di un certo livello, perché va a ripagare la mia costanza di rendimento. Spero di rivincerlo anche quest’anno, per quanto l’obiettivo sia più rivolto a portare a casa qualcosa di importante con il team”.
Che valore assume il tuo 2024 dopo un 2023 più “difficile”?
“Il 2023 è stato un anno di transizione perché sono passato dalla 488 alla 296 e, io e gli altri piloti insieme al team, sapevamo sarebbe stato necessario lavorare tanto per sviluppare la vettura: la stagione è proseguita in crescendo e la vittoria a Barcellona nell’ultima gara stagionale ci ha permesso di approcciare il 2024 con la consapevolezza di avere un mezzo competitivo. Sicuramente a livello personale il 2023 è stato avaro di soddisfazioni, eccezion fatta per Barcellona e per una prova del Mondiale a Spa; peccato perché la velocità c’è sempre stata, ma gli episodi di corsa non sempre sono girati per il verso giusto”.

Qual è il ricordo più bello della passata stagione?
“Sicuramente la vittoria a Jedda che ha sancito il trionfo in GT World Challenge, ma anche vincere l’European Le Mans Series ha avuto il suo fascino. Non ho una gara specifica da menzionare, se non la 24 Ore di Le Mans che, come da tradizione ahimè (sorride amaramente), è il ricordo peggiore; tra penalità e un weekend storto in generale non è andata benissimo, ma quest’anno confido e confidiamo di poter far molto meglio. In generale da Spa, pista alla quale sono particolarmente legato, le cose sono andate molto meglio”.
Hai spaziato molto fra prototipo e GT: dove ti trovi meglio?
“Non ho una preferenza: il feeling è ottimo con entrambe le vetture, divertenti e veloci da guidare. Non saprei davvero cosa scegliere: continuerò a spingere al massimo sia con il prototipo che con la GT”.
E il 2025 com’è iniziato?
“Un po’ in salita, per cui forse meglio così (ride, ndr). A Daytona ci siamo dovuti ritirare, ma è arrivato l’immediato riscatto alla 12 Ore di Bathurst vincendo con la Pro-Am; ad Abu Dhabi è invece arrivata la prima vittoria assoluta di AF Corse in LMP2. Nella prima tappa del Mondiale in Qatar è tornata a bussare la sfortuna, ma ci siamo rimessi in corsa chiudendo al quinto posto”.
Cinque anni in Ferrari, ormai sei una certezza del Cavallino Rampante.
“Sono contento perché vestire il rosso di Maranello è un sogno che qualsiasi bambino appassionato di motori ha. Sento la fiducia del team che mi ha messo al centro del progetto della 296 e ho contribuito a portarla a vincere un campionato. L’Hyper? Resta il mio sogno, e spero che si possa realizzare: voglio solo continuare a dare il massimo”.
Una scuderia come la Ferrari comporta inevitabilmente una gran dose di pressione: come la gestisci?
“Più le cose si complicano e più si alza il livello di competitività, più mi piace e mi trovo a mio agio. Ho sempre cercato di trovare aspetti positivi dalle cose negative e questo mi ha aiutato a superare tante difficoltà. La competizione stessa tra noi piloti Ferrari, assolutamente positiva e stimolante, mi aiuta a migliorare e spaziare fra i vari equipaggi aiuta a stare sempre sul pezzo; orami il feeling è bello e spontaneo con chiunque”.
Arrivato a quasi 30 anni giri il mondo vestendo il rosso della Ferrari: se ti guardi alle spalle cosa provi?
“Sicuramente tanto orgoglio perché mi ricordo quando andavo con papà Sergio e Maurizio (Jeropoli, ndr) alla pista coperta in Via Mecenate: giravo tutta la mattina divertendomi come un pazzo e non ne avevo mai abbastanza. Da lì non avrei mai immaginato di arrivare dove sono ora anche perché, come ben sai, a livello kartistico non ho mai ottenuto chissà quali risultati e mamma Elena non era molto propensa a farmi correre perché voleva che mi dedicassi allo studio. Ho ripreso a correre a 13/14 anni e quegli anni che ho saltato mi sono un po’ pesati all’inizio, perché la gavetta che ti fai da bambino è importante”.
Hai sempre portato avanti la nomea del “bravo ragazzo”, un’etichetta che non sempre nel mondo del motorsport paga. Come la vedi?“
È proprio in quegli anni che ho saltato che un pilota si costruisce la propria malizia, ma ho saputo rimediare. Per quella che è la mia esperienza non importa essere un bravo o un cattivo ragazzo: quello che conta è spingere in pista dando tutto ciò che hai”.
E, a tal proposito, Maurizio Jeropoli ha sempre detto una cosa di te: che hai una capacità di adattamento ai circuiti fuori al normale.
“Mauri è troppo buono, ma sicuramente è un complimento che accetto con piacere. Nella mia carriera giovanile ho sempre fatto pochissimi test prima dell’inizio dei campionati e, di conseguenza, dovevo imparare in fretta a conoscere la pista. Ho fatto di una mia debolezza un punto di forza. Oggi, grazie anche al livello raggiunto dai simulatori, studiare e imparare un circuito nuovo è più facile, ma ho mantenuto la capacità di adattarmi in fretta”.
Da via Mecenate ai più prestigiosi circuiti mondiali con la Ferrari: qual è la caratteristica che ti ha sempre contraddistinto?
“Il divertimento. Non importa se io sia alla guida di un kart o di una Ferrari, anche se qui chiaramente il risultato ha una certa importanza (ride, ndr): quando mi metto al volante mi diverto come un pazzo e viene fuori quel bambino che sognava di diventare un pilota”.
Matteo Carraro